La "Viola" dei Venti

Ciao ragazzi,che fate lì impalati? Entrate forza! Non in punta di mouse però! Accomodatevi pure sulle vostre tastiere, perché questo è il nostro blog. Nostro di chi? Ma di tutti Noi che non abbiamo paura di dire quello che pensiamo, raccontare i sogni, mostrare i sentimenti, affrontare le fife, gioire dei successi…insomma di chi non ha timore di vivere e poi condividere le esperienze, di qualunque natura esse siano. Perciò, un bel respiro, chiudete gli occhi, liberate la mente, aprite il cuore…


venerdì, febbraio 16, 2007

“LE PAROLE DI UN’AMICA”


Ogni notte prima di dormire (quando ci riesco!),
ed ogni giorno appena mi sveglio,
mi chiedo cosa ho fatto per Lei e se potevo fare di più.
Se ho sbagliato qualcosa o se ho mancato di pensarLa almeno un minuto.
Cosa potrò fare nella giornata che La renda sicura e fiera di me o
che La faccia sentire amata più di ogni altro al mondo, oltre ogni cosa...
Molto spesso resto con il dubbio…ma è la mia natura che mi lascia incerto...
o forse solo l’esserne privato…o l’essere esiliato…
Queste parole le terrò custodite nel mio cuore, accanto a Lei…
e quando stenterò nel placare la mia anima, la mia coscienza…
le userò per muovere quel passo che ogni i giorno mi porta verso il Suo sano, vero, innocente amore.
Grazie.

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martedì, gennaio 09, 2007

“Tema: IL PROGRESSO”


Sono passati più di venti anni, da quando la smania del tecnologico e dell’ultramoderno contagiava tutto e tutti, anche i più scettici conservatori.
Tra i banchi di scuola, impazzavano diavolerie meccaniche di ogni tipo e persino i professori, nello scegliere gli argomenti dei compiti in classe, trovavano il modo di infilare in qualche spazio vuoto delle tracce, il termine “Progresso”.
Una vera febbre dell’oro!
Sono passati più di venti anni e le cose non sono affatto migliorate, anzi, la smania di quegli anni e diventata tecno-fobia.
“Oddio! Sta per uscire un cellulare più piccolo del mio a forma di supposta! Lo voglio!!!” oppure “Hai visto Marco? Si è comprato un televisore al plasma, così grande che se manca la corrente per un’ora gli viene l’anemia!!!”
Domanda: Ma tutto ciò che fino a poco tempo fa era per noi concreto, paradossalmente il massimo in certi casi, che fine ha fatto?
Risposta: Humus!
Cellulari, satellitari, mp3, web, wap, sgaps, i-pode, i-mode, Po-ke-mon!
Oggi da chiunque puoi sentir pronunciare questi acronimi. Un giorno al supermercato, mentre aspettavo il mio turno al banco dei formaggi (“Serviamo il numero 802!”), sentivo due attempate signore alle mie spalle che si consigliavano i metodi più efficaci e sbrigativi per compiere le faccende domestiche. Niente di strano fin quando con fare disinvolto, una dice all’altra ”...devo dirti però che da quando mio marito si è affidato alla tecnologia wireless, passare la scopa “acchiappatutto” senza quei filacci tra i piedi, è diventato un gioco da ragazzi!”. A voi le riflessioni…
L’informatica, la telematica, le conoscenze scientifiche e le nano-tecnologie hanno invaso e rimescolato le nostre vite, hanno trasformato il termine Progresso, ormai obsoleto, nel più attuale “Pro-cesso”, ma non nel senso di catena produttiva, piuttosto nel senso di “Per il Cesso”!
E si, perché i motori, le lavatrici o i cellulari non si riparano più, si Waterizzano!
Per carità, probabilmente questo sistema da un punto di vista macro-economico ha risollevato, bilanciandolo, il mercato “domanda/offerta”, ma pian piano ci si è insediato a nostra insaputa nel DNA, influenzando modo di vivere e rapporti umani.
Se domandi a qualcuno quanti amici ha, lui ti sfodera il cellulare, preme “rubrica”, legge il numero progressivo e ti dice tutto eccitato “195”, mostrandoti le foto di tutti, dai Flinstone all’usciere del ministero!
E se chiedessimo poi, a campione, lo stato civile delle persone, si riuscirebbe a comporre un coro da stadio con tanto di ola: SEPARATO sono SEPARATO!!!
Solo in Italia avviene una separazione ogni quattro minuti, è incredibile, un’epidemia!
Amicizia, amore? Ne vogliamo parlare? Un amico con la A maiuscola, lo consideravi da quante discussioni ci affrontavi a muso duro. Un matrimonio solido da quante crisi si erano superate, insieme. Ora, anche per i legami affettivi vige lo stesso asettico principio: sostituire.
Non c’è voglia di impegnarsi, di lottare. Facciamo spreco di tutto ma risparmiamo sui sentimenti. Abbiamo una “gamma di possibilità” talmente ampia che cimentarsi nel recupero dei rapporti diventa antiquato, stupido ma soprattutto un inutile grosso dispendio di energie, che risulterebbe anacronistico rispetto al surplus di comodità e tecnologia che ci circonda.
Sostituire diventa l’ingranaggio fondamentale per far girare a dovere l’intero meccanismo del nostro wellness! Scusate, volevo dire benessere. Inconsciamente anch’io vengo risucchiato dal meccanismo della sostituzione, anche se della sola “lingua”!
Comunque, ecco svelato l’arcano! Raggiungere un’eccellente qualità della vita eliminando tutto quello che crea un impegno eccessivo, obblighi o doveri, soprattutto morali! Via le amicizie profonde e le relazioni impegnate, dove bisogna dare ed essere se stessi, mettersi in discussione. Via come fossero grosse seccature.
Estirpare dalle vite tutto ciò che non si attiene alle nostre indiscutibili regole, che ne minaccia il benessere artificiale che ci siamo costruiti e che ci fa perdere tempo!
Tempo…tempo…a che serve guadagnare tutto questo tempo se poi lo sprechiamo scioccamente come qualsiasi altra cosa? Forse a sprecarlo con meno rimpianti, a cuor leggero?! Ad esempio buttandoci in una bella fila domenicale di auto, in direzione ikea, come se non bastassero quelle che si fanno tutta la settimana per arrivare in ufficio! O magari standocene chiusi per ore nel locale più glamour della stagione, stipati con centinaia di persone che esibiscono sorrisi di plastica, convinti che nessuno si accorga che non sono risate da divertimento, ma smorfie di dolore per le gomitate ricevute nelle transumanze tra bagno e bancone del bar!
Impariamo ad utilizzarlo meglio questo tempo! Rinunciamo ad un po’ di shopping o ad un locale fashion in favore di due chiacchiere con un amico, un padre oppure uno sconosciuto. Usiamolo aprendoci agli altri, regalando un po’ di noi stessi, del nostro tempo prezioso, dedicandolo pazientemente a chi ci vive accanto, non fermiamoci alla prima incomprensione, non irritiamoci alle prime difficoltà sfuggendole negli svaghi fittizi che ci propina la nostra era.
Evitiamo che la società moderna continui a trasformarci in cinici “tritarifiutiumani”, pronti ad entrare in azione ogni qualvolta il nostro sistema immunitario sente puzza di grattacapi, senza valutare se sia giusto o meno “cliccare su qualcuno e trascinarlo nel cestino”.
Sicuramente avendo vissuto in prima persona tutto il pro-cesso “dal podio, al water”, mi sento pungolato nell’intimo e mi domando: ma è così assurdo parlare, chiarirsi, confrontarsi tranquillamente, riconoscere i propri errori o i propri limiti, venirsi in contro, mediare?
Nell’era della multimedialità, non saper comunicare è il colmo!
Bluetooth, mitico Re vichingo, si rivolterà nella tomba, milioni di volte al giorno!
Eppure basterebbe poco. Due semplicissime azioni:
1) Parlare: muovere la bocca emettendo dei suoni, che legati insieme formano le parole e a loro volta delle frasi, cercando possibilmente di farle di senso compiuto;
2) Ascoltare: lasciare che il cervello riceva attraverso le orecchie, le frasi di cui sopra, assicurandosi che si siano apprese correttamente.Nel giusto significato.
È importantissimo però, che le due azioni vengano eseguite separatamente, alternandosi con l’interlocutore. Che altri non è che la persona di fronte a voi!
Pensate, ho sentito dire che alcune persone che hanno provato a comunicare, senza telefonini o messaggini, sono diventate amiche ed altre sono riuscite a comprendersi, e da allora risolvono i loro problemi con questa pratica. Cose dell’altro mondo!
Ecco appunto! L’altro mondo, quello passato però non quello a venire, molto più semplice e vero, qualcosa di buono ce l’ha lasciata. Il valore dell’amicizia e dell’amore, l’umiltà, il rispetto, le buone maniere ed i vecchi adagi, spesso piccoli concentrati del senso della vita. Un eredità che avremmo dovuto accrescere proprio con l’ausilio del progresso ma…cosi non è stato!
È incredibile pensare che al giorno d’oggi, dove non esistono più distanze impercorribili e per raggiungere l’altro capo del pianeta basta il tempo di un aperitivo servito al tavolo, ci sono spazi di anni luce tra gli esseri umani.
Forse la storia può insegnarci ancora qualcosa! Non quella dei libri di scuola però! Quella vissuta, quella di chi ancora oggi può raccontarcela dicendo “èh…ai miei tempi…”!
Lo so! Sembro un decrepito vecchietto di ottant’anni (anche se vorrei farvi vedere come stanno gagliardi i miei nonni), ma fortunatamente ho ancora molto alla pensione!
Un vecchio leone, quello si! Magari nostalgico, romantico e sognatore, che ha realizzato, alla fine dei conti, che è proprio dai nonni che dovremmo imparare la lezione. Non limitiamoci solo a dire: “Quella? Altra generazione, altra tempra! Che scorza! Non ne faranno più così, con quello che hanno passato!?”
Ok! Non ne faranno, ma possiamo andarci vicino comparandoci ad oggi, chiaramente. Stacchiamo l’etichetta di indifferenza ed egoismo che noi stessi abbiamo attaccato al nostro ostentato ed insolente terzo millennio. Proviamo a contrastare questa diffusa indigenza sentimentale con pochi gesti quotidiani.
Modi garbati, piccole attenzioni ed un po’ di pazienza, sono gli ingredienti giusti della ricetta della nonna, quella del “Come vivere meglio ogni giornata”!
Quella che andava bene per essere cucinata con le vetuste cucine a legna e che, grazie alla semplicità degli elementi ed alla facilità di applicazione, va alla grande anche con i nostri microonde laser con teletrasporto del piatto direttamente in tavola.
Una volta(non molto tempo fa visto che me lo ricordo!), per me ed i miei amici era normale, girando per il quartiere, salutare le persone che si incontravano, anche quelle che non conoscevamo: “Buonasera!” ed un sorriso. Per carità, niente che assomigliasse nemmeno lontanamente ad un aiuto umanitario o al volontariato, ma la sua particina quel saluto ce l’aveva.
Faceva piacere ai più grandi, perché era una forma di rispetto e ci rendeva più...tranquilli ecco, come se tutti ci conoscessero ed ogni tanto gettassero un’occhiata su di noi.
Poi qualcosa è cambiato, forse troppo e troppo velocemente rispetto al nostro essere e non siamo stati in grado di adeguarci al cambiamento.
Di punto in bianco niente sorrisi e tanti saluti!
Ultimamente però, ho l’impressione che le persone, me compreso, sentano il bisogno di tornare alle vecchie buone maniere, almeno come pretesto magari banale, per stabilire un contatto, parlare, CO-MU-NI-CA-RE!
Sondare, indagare, sapere se lo stato di ansia ed insofferenza che le attanaglia, è un malessere generalizzato da condividere, oppure personale.
Ci siamo finalmente accorti di essere soli, tra milioni di altri soli!?
Circondati da tutto pur non avendo bisogno di niente. Non capendo o non volendo capire che il disagio avvertito nasce da noi stessi, dalla paura di scoprirsi, accettarsi ed in fine mostrarsi per quello che si è! Magari non omologati alla massa, con la paura di essere vittime indolenti della cinica regola dalla quale siamo partiti:
“Sostituire, ogni volta che qualcuno o qualcosa sfugga al nostro controllo e ci contraddica, il recinto di persone e cose che ci siamo costruiti intorno, con uno che si adegui al nostro essere, o meglio volere del momento”.
Calma ragazzi! È tutto regolare! Quella sensazione di insofferenza ce l’abbiamo in molti, moltissimi. Perciò su le maniche, diamoci sotto e ricominciamo dai saluti.
Una particella di cordialità che andrà a fare compagnia a quella di sodio!
A proposito di sodio…se pensate che fino ad ora si è parlato di aria fritta, date un’occhiata agli spot pubblicitari che vanno in tv. Sono un vero spaccato della nostra società:
Scoiattoli che chiedono mutui per comprare casa tramite agenzie immobiliari, perché il loro albero è stato abbattuto per costruire un centro-commerciale; suicidi sventati per paura di ritrovarsi un go-kart al posto della familiare appena acquistata; bambini che sciorinano ai padri le qualità dei compagni delle loro mamme; automobili con carrozzerie in tinte abbinabili all’orologio, al cellulare, all’iride…AIUTO!
Ma dove cacchio vogliamo arrivare? Non lo so! Noi però torniam alla cordialità.
Una mattina ho deciso di cominciare a salutare qualcuno di quei poveretti che come me passano ore nel traffico e che più o meno tutti i giorni incontro per andare in ufficio.
Casco in testa ben allacciato, luci accese anche di giorno e prudenza…sempre (Nico Cereghini docet ndr), canticchiando con lo spirito a 1000, svicolo con calma tra le auto in coda e mi fermo. Più avanti non si può!
Mi guardo intorno...ed ecco lo scenario: autobus enorme a ore tre, suv a ore nove, monovolume a ore sei. Con tutti questi orari farò tardi in ufficio!
Comunque, ci sono! Devo scegliere il fortunato che per primo segnerà l’inizio di una nuova era, dove sarò ricordato come il “messia della cordialità”, l’amico della fila accanto.
Ok, cominciamo subito escludendo la forma di vita, sempre che ce ne fosse, all’interno del suv. Chiunque sia e un megalomane, egocentrico, un vip o crede di esserlo! Lo sportello a 10 metri da terra ed i vetri dell’auto talmente oscurati che per cambiare marcia accende una torcia elettrica, figuriamoci se riesce a vedermi!
La monovolume andrà benissimo! Con la testa accenno un saluto e la mamma che sta alla guida nell’ordine: blocca le portiere, stringe la cintura di sicurezza del figlio nel seggiolino, abbassa il parasole ed inizia a sgasare puntandomi. Stai bene così!
Ma si, tutto sommato gli autisti dell’Atac mi sono sempre stati simpatici. Ci facevo un sacco di chiacchiere quando prendevo i mezzi ai tempi della scuola. Ho scelto, il conducente. Lo guardo e mentre pronuncio un deciso “Salve, buongiorno!” l’occhio mi cade poco più in basso…non mi ero accorto che il tatuaggio che usciva dalla manica della camicia, la cui circonferenza di circa cinquantotto cm era completamente riempita da muscoli, illustrava uno di quei simpatici teschietti degli “Iron Maiden” che assentiva più o meno così: NON PARLATE AL CONDUCENTE…MAI!!!
Ma si, evviva il progresso! Quando avrò il numero di cellulare, gli manderò un messaggino!

P.S.
Investire pochi minuti del nostro preziosissimo tempo, in piccoli cenni, ci farà guadagnare qualcosa che non troveremo mai nei centri commerciali ne tanto meno su e-bay… Armonia.
Buona Vita a Tutti

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lunedì, gennaio 08, 2007

“Il tempo di un Semaforo”


Rallento e fermo l’auto al rosso di un semaforo.
C’è una quiete insolita e le strade sono deserte. Che serata strana.
Tutto questo caldo a gennaio poi!? C’è qualcosa che non và, che non torna!
Nemmeno le undici e sto gia rientrando a casa. “Di chi?” direbbe un mio amico.
Già, di chi?! Non la mia, e mi brucia.
Pensiamo ad altro…
…oggi non sono stato con la mia ragazza. Sempre meglio vedo! Ok, non pensiamo! Ma nella testa rimbalzano improvvise e confuse tante altre cose.
Gli ultimi mesi trascorsi...che casino! Me ne sono capitate di tutti i colori!
Forse troppe in così poco tempo. E quante ancora me ne dovranno accadere.
Prima o poi crollerò. Ho bisogno di pace.
Lo sguardo si fissa e si perde nel buio oltre i fari.
La pioggia picchietta sul parabrezza di questa provvidenziale vecchia auto grigia.
Le gocce arrivano giù compatte e s’infrangono sul vetro disegnando piccoli fiori dai petali irregolari che lentamente si toccano per finire in un abbraccio.
Una dentro l’altra. Una dopo l’altra.
Somigliano ai miei pensieri impazziti.
Una parola innesca una reazione a catena incontrollabile. Prende vita, nella mente, un gioco di scatole cinesi. Si aprono mille discorsi che si richiudono su se stessi. Problemi e soluzioni, figli della stessa genesi.
Enigmi chiari come il nero della notte. Risposte semplici come l’ignoto.
Timori e certezze, noia e divertimento, incoscienza e responsabilità, rabbia e pacatezza, affetto…calore…amore…amore…amore…improbabile, assurdo!
Difficile e complicato e spossante eppure indispensabile e bello ma non abbastanza per…
La pioggia si fa più intensa, spinge forte da sinistra e s’infila nello spiraglio che ho lasciato tra finestrino e montante e punge…come gli aghi di pino, d’estate, spinti dal vento. Colpisce il viso e gli occhi già lucidi, riportandomi al semaforo che nel mentre
è diventato verde, rosso ed ancora verde.
Ora la pioggia martella il tettuccio. Riparto piano come sono arrivato.
Venti minuti e finalmente sono a casa. “Di chi?” Lasciamo perdere…
Scendo dall’auto corro verso il portone. Cavolo non ho le chiavi!
Lo dicevo io che era una serata strana!

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giovedì, novembre 23, 2006

“Arida”


Arido!
Quante volte le mie orecchie mi hanno sentito pronunciare questa parola, e quante volte l’ho sentita fare il vuoto dentro di me!
Ci credevo davvero, ne ero convinto: -“Sono Arido!”
Dopo avere amato tanto, oltremodo, morbosamente e dopo tanti anni accorgersi di non essere stato mai compreso. Mi sono sentito esanime! Nel raccontarlo non ci credevo neanche io. Undici anni! Le prime volte, ripensandoci, sentivo svanire la terra sotto i piedi, lentamente, irrefrenabilmente, come la sabbia di una clessidra al compimento della prima tornata.
Impossibile trattenere i granelli trascinati dal gorgo!
Poi, una volta toccato il fondo, ho iniziato a scavare fino al centro dell’inconscio. Ci sono rimasto per mesi laggiù! Ho capito il presente ed il recente passato ma quello che ha dato una svolta definitiva al mio viaggio è stato l’aver incontrato qualcuno.
Seduto in disparte, nella penombra, ho scorto la sagoma di un uomo. Mentre mi avvicinavo sentivo una strana sensazione. Lo conoscevo ma non l’avevo mai visto o l’avevo già visto ma non lo conoscevo!? Un amico smentito o un nemico ricreduto. Ancora adesso trovo difficile descrivere quella sensazione.
Senza essere invadenti, senza tante domande lasciammo che ognuno raccontasse a l’altro la sua storia. Non so quanto tempo sia trascorso. Un secondo o mille anni. Non lo so! Ma quando avemmo finito, lui si fece avanti uscendo dalla penombra e sorridendo mi disse che era giunto il momento di riprendere a vivere, insieme!
Mi ero ritrovato. Nel posto più semplice dove potevo cercare, dentro di me! Non ho avuto bisogno di arrivare in Tibet e meditare anni!
Viaggiare non sarebbe servito. Avrei portato con me il fantasma del mio fallimento di uomo, di marito, di padre e di figlio, trovandomi a piangermi addosso, solamente lontano da casa.
Il primo ad aver realizzato l’importanza di essere di nuovo me stesso, è stato l’uomo (e di conseguenza il non più marito). Individualista, sfrontato, ribelle, anticonformista, impulsivo. L’altra metà di me iniziava a respirare!
Poco dopo, fortunatamente, il padre. Riflessivo, sicuro, autoritario, protettivo e poi tenero, buono, comprensivo, disponibile e premuroso. Solo oggi, invece, dopo averla troppe volte oscurata, la mia identità di figlio comincia ad essere più chiara.
La strada intrapresa era quella giusta. Mi sentivo finalmente bene! Il mio Io aveva ritrovato l’equilibrio tanto atteso.
Io sono cambiato. La mia vita è cambiata!
Mi sono accorto però che in tutto questo tempo, una sola cosa è rimasta come in principio, anzi no, più forte che in principio.
Non ho mai tradito le mie responsabilità e soprattutto non ho mai, mai smesso di amare, nemmeno per un solo istante mia figlia.
Arido! Non si è mai aridi.
Persino il deserto, se ben curato, regala gemme e virgulti.
Odio, antipatie, ossessioni, fissazioni, passioni benché ostili, generano sensazioni, quindi sentimenti. Se ci sono sentimenti c’è vita, fertilità.
Quando mi hai detto di essere arida ti stavo guardando dritto negli occhi, impresa tra l’altro non facile vista la loro bellezza e quanto riescono ad imbarazzarmi, e l’unica cosa che riuscivano a trasmettere era: -“Ti prego, fingi di credermi perché io lo faccio! L’amore mi ha fatto soffrire talmente tanto che ora, per difendermi, sono diventata arida! Però ho un disperato bisogno d’amore, vero, sincero!”
Sono contento che tu non sappia fingere con gli occhi. Per me sono importantissimi. Tradiscono, per buona sorte, la vera natura di noi stessi.
Li adoro gli occhi. I tuoi poi…! Comunque di arido non hai proprio nulla. Si vede, non puoi farci niente! E’ vero, la vita non ti avrà sempre sorriso, le vicende vissute ti hanno segnato, modificato, cautelato nei confronti della natura umana e del futuro, ma quale persona è esente dai traumi del vivere?
Ora che ti guardo meglio, più che una landa desolata somigli ai campi di grano messi a maggese, lasciati riposare per qualche tempo prima di farli tornare a regalare il più bel frutto della Terra.
Mi dispiace non puoi sfuggire a lungo te stessa. Un po’ come il mio percorso hai avuto bisogno di fermarti, riposarti trovare un equilibrio. Ma la vita e l’amore non li puoi fermare ne tanto meno prevedere e siccome non credo che io sia stato l’unico a pensare: –“Ok! Mi sta accadendo qualcosa di speciale, qualcosa che non mi accadeva da anni e questa volta voglio proprio viverla. Fino in fondo!”, ti propongo di lasciarti andare almeno un po’ e se sarà, il resto poi verrà da solo. Anche perché l’incontro di due come noi…è balsamo per il mondo intero.

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venerdì, ottobre 13, 2006

“AMO IL VENTO”


Amo il vento,
la sua voce mutevole, prima brusita, poi più intensa, poi di nuovo sussurrata ed ancora urlata…per tacere in un fruscio.
Amo il vento,
chiudere gli occhi sentirlo arrivare, sentire spinti indietro i miei capelli, il suo soffio leggero accarezzarmi, il suo impeto entrare in me, calmandomi.
Amo il vento,
la sua vitale ingerenza, che dispiega e gonfia le vele, ridando fiducia speranza a chi lo invoca.
Amo il vento,
quel gioco strano che compie al mare, quando increspa le onde e livella la sabbia, variando lo stato delle cose.
Amo il vento,
la sua equità, quando giunge e soffia per tutti allo stesso modo, spazza via le nubi e porta con sé aria nuova.
Amo il vento,
la sincerità della sua forza, lui è così, improvviso e sconvolgente, puoi accettarlo se vuoi o puoi attendere che si plachi, forse che cambi.
Amo il vento,
si alza dal nulla, accresce la sua tenacia dando tutto se stesso, tira forte dalla sua parte e poi svanisce, sfinito, nella sua origine.
Amo il vento,
amo la sua natura, il suo spirito libero, la sua anima…perché è la mia.

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martedì, ottobre 10, 2006

I TEMPI DEL CUORE”


Ehi tu!? Dove vai?
Rallenta la tua corsa.
Sospendi il tuo viaggiare.
Smetti di fuggire, almeno per un attimo!

Lèggi i miei occhi.
Guarda i miei gesti.
Senti la mia voce.
Ascolta le mie parole.

Parlo la tua lingua.
Non ho confini.
Non conosco distanze.
Non smetto mai di palpitare…con te!

Ma…scusa…non intendevo…
se proprio non hai tempo…
riprendi pure a correre.
Io tornerò a battere e riposare.

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martedì, settembre 26, 2006

“AMORE OLTRE …”



Il tempo…l’attesa…saranno lunghi.
Paure….Ossessioni…
Avrai la tentazione di dirgli tutto, ma…non ce ne sarà bisogno.
Lui avrà già visto i tuoi occhi, guardato al tuo cuore.
Ed ormai grande, prima del tempo,
stringerà una sola mano, donerà un abbraccio eterno
e confesserà un solo Amore,
nel Nome del Padre.

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